Il metodo di lavorazione artistico di Antonio Tropiano predilige una tecnica innovativa e atipica di assemblaggio “rivoluzionario e sui generis” dei materiali e degli elementi utilizzati, ma al contempo rimanda ad uno stile espressivo di semplice e ricercata raffinatezza formale, senza mai voler eccedere ed esasperare le sue creazioni con aggiunte e integrazioni superflue e ridondanti. Le soluzioni ottenute ne avvicinano il metodo a quel metodo di composizione poetica di cui Edgar Allan Poe si fece portavoce nei suoi scritti, in cui la nitidezza progettuale dell’ispirazione creativa non costituisce il punto di partenza, ma bensì il punto di arrivo finale dell’elaborazione estetica nel crescendo delle suggestioni visive ed emozionali, provenienti dal “mondo di proposte simboliche” dell’autore. Allo slancio dinamico delle composizioni si unisce in armonico equilibrio il profondo impegno di Tropiano nella divulgazione di un linguaggio narrativo sfaccettato e volutamente cifrato e codificato con metafore sottese, che racchiude dei significativi incipit interpretativi, che il fruitore deve saper cogliere e comprendere varcando la soglia, che va oltre la pura e immediata visione estetica prospettata davanti ai suoi occhi. La materia assemblata, plasmata, modulata, riscopre tutta la sua energica potenza evocativa e ogni componente, ogni oggetto da lui inserito all’interno dell’installazione scultorea, acquista una nuova e peculiare valenza intrinseca caratterizzante e si rigenera, si trasforma e simbolicamente “rinasce a nuova vita” e a nuova dimensione sostanziale identificativa.
Le opere assumono una forma di “esistenza plastica”, una loro “consistenza vitale” e sono avvolte in un’atmosfera senza tempo, quasi come se fossero immerse dentro una dimensione fluttuante di “cosmo memoriale”. Tropiano si è metaforicamente scelto per se’ il ruolo di “artista paleontologo d’oggi” guidato da una propensione visionaria moderna, contemporanea e innovatrice. La sua visione percepisce nel presente le persistenze del passato, ma riesce anche a fare percepire il presente come se esso stesso, a sua volta, appartenesse al passato, con un interscambio sinergico dimensionale. Le opere spaziano dal micro al macrocosmo “inventariando” in commistione armoniosa un intero e variegato universo di componenti strutturali di diversa natura e tipologia e inventando dei traslati oggettuali, materici, simbolici, ricchi di allusioni metafisiche e di risonanze spirituali. Si pone come un “astronauta della creatività ” proiettato nel futuro, ma che recupera e rivaluta dal passato e dal presente quanto può essere meglio valorizzato nella sua essenza primaria e intrinseca. La sua e’ un’arte informale e non convenzionale, che rifugge gli stilemi dogmatici piu’ rigidi e conosce ideologie antiche e paradigmi moderni, congiunti insieme saldamente e in stretta coesione, per riportare ogni cosa, forma, emozione, sentimento, nel circuito “della morte e della vita”, nel loro continuo generarsi e rigenerarsi trasformativo all’interno delle opere.
Il materiale utilizzato, di svariata provenienza e derivazione e di natura eterogenea , viene sapientemente lavorato e ricomposto in un nuovo e originale ordine coreografico, mediante una studiata e meditata procedura ideativa di accorpamento e assemblaggio, a formare delle architetture artistiche di elevato impatto scenico. La versatile gamma dei materiali, all’insegna dell’ingegnosa progettazione, si accosta a risultati di grande efficacia estetica e sostanziale, a fronte di una bilanciata disposizione e proporzione dei volumi e delle masse della costruzione globale, permeata da intrigante simbolismo e da misteriosi ed enigmatici riferimenti in codice, che catturano e conquistano da subito la curiosità dell’osservatore.
Le rappresentazioni si animano, si trasformano e mutano sfociando in varie e diversificate chiavi di lettura, lasciando libero chi guarda di scatenare la propria fantasia e il proprio intuito percettivo e instaurando un’interazione attiva, che diventa l’occasione per un “viaggio interiore” alla ricerca di
emozioni ancestrali, spesso dimenticate o rimosse. Ed ecco ravvisarsi in lui quella catarsi mistica, quella purificazione esercitata dall’arte, che offre all’artista e di rimando allo spettatore che osserva l’opera, quell’energia necessaria per affrontare la vita e l’esistenza quotidiana con consapevole e meditata riflessione. “si può conquistare il mondo non solo come capitano, sottomettendolo, ma anche come filosofo, penetrandolo e come artista, accogliendolo in se’ e rigenerandolo” affermava Christian Friedrich Hebbel.
Elena Gollini
…scrivi sull’acqua
L’incognito di fronte ad una scelta. La strada che si intraprende e quelle che implicitamente vengono scartate. La prova. L’errore come fonte di conoscenza e, a volte, come via obbligata al nostro avvenire. Ecco i temi affrontati in quest’opera da Antonio Tropiano nel definire quella che lui stesso chiama “la grammatica del tentativo”.
Questa disputa viene condotta attraverso la citazione costante di elementi che riconducono ad una ben definita considerazione del regno di Cronos.
Gli ideogrammi dell’haiku scolpiti dal tempo, elaborati da Matsuo Basho. Una crisalide di Gynaephora Groenlandica che con la sua “effimera vittoria” sui freddi artici, è risultato di una peculiare interpretazione del divenire delle stagioni. O ancora il sangue di drago e l’affermazione sul tempo dei manufatti di Stradivari. E per finire, l’eternità di un nome che venne scritto sull’acqua (John Keats).
Ma non dobbiamo distrarci.
La citazione che con maggiore forza si colloca in questo solco, ma che ci appare sotto differente conio, è quelle implicita che pervade tutta l’opera.
Si tratta della minuzia esecutiva. Presupposto delle arti amanuensi, dei maestri intagliatori, della lavorazione della tarsia lapidea. Dimensione professionale dove il tempo si adatta a necessità che non sono quelle, per esempio, della produzione seriale o anche solo del puro istinto.
Ma a stimolarci la curiosità troviamo un altro elemento portante. Parliamo ora dalla luce che Tropiano sceglie come elemento di forte contrasto e, con la sua direttrice verticale, elemento strutturale dell’opera. Il paradosso è evidente. La sua velocità si contrappone a quella del tempo emersa dal simbolismo ricorrente sopra citato. Un tempo inteso nella sua piatta dimensione orizzontale. Ecco la struttura.
Mentre la luce è un filo che pervade, accompagna, definisce e stimola il nostro vivere, è il tempo a far sedimentare, stratificare, approfondire.
L’unione dei due elementi dà luogo a ciò che si definisce esperienza.
L’esperienza, o cammino (anche se citato in modo iper realistico) è per Tropiano come per Matsuo Basho un percorso più metaforico che fisico, lungo il quale si è soggetti a faticosi processi di affinamento e conoscenza.
Il bagaglio di sapere che si accumula, nella sua essenza, non è altro che un’operazione di sintesi che l’intelletto dell’uomo compie nei confronti dell’azione vissuta. Semplicemente un sedimento.
Con questi presupposti l’autore ci invita ad entrare nell’opera. E farlo, dotati di una nobile vitalità sarà viatico che ci farà entrare automaticamente in un’altra dimensione spazio temporale.
Ma in definitiva: dove ci conducono i segnali che Tropiano ci porge, una volta entrati in quest’opera così sapientemente coniata? Ci portano, in modo elegante, a compiere un viaggio nell’equilibrio classico delle cose. In quelle che, nonostante tutto, rimangono le grandi sfide dell’uomo. Riceviamo un invito a proseguire oltre l’apparenza degli oggetti più consueti che quotidianamente caratterizzano il nostro fare. Dobbiamo, in questo invito, solo lasciarci trascinare dal placido divenire delle evocazioni che incontriamo, senza cedere alle lecite tentazioni di Circe e Calipso. Dobbiamo dotarci della consapevolezza del limite umano per valorizzare quei buchi nell’acqua ai quali siamo soggetti per natura. È così, che quel limite stesso si dileguerà all’istante.
Entriamo nel mondo di quest’opera e tentiamo un nostro affondo cognitivo.
Luigi Torello Viera
Nella grande babele del contemporaneo dove oggigiorno anche una banana può essere considerata un’opera d’arte, le sculture di Antonio Tropiano si distinguono per una straordinaria chiarezza composita oltreché per la comprensibilità dei contenuti in esse racchiusi. Le sue sculture sembrano provenire da un altro tempo, quando ancora gli artisti amavano esprimersi con gli strumenti da lavoro, quando in altre parole la tecnica era considerata un fatto irrinunciabile per la creazione artistica. Per queste ragioni Antonio Tropiano potrebbe essere considerato per molti aspetti un anacronista o un eremita del contemporaneo che si ostina a non vedere come oggi tanti “artisti” affrontano la realtà. Ma vedete il punto della questione è che Tropiano assume oggi, e non solo ai miei occhi, una notevole importanza nel campo delle arti contemporanee perché è uno dei pochi che sa ancora scolpire come si faceva migliaia di anni fa in Grecia, perché riesce a parlare una lingua (quella della contemporaneità) con grande immediatezza comunicativa servendosi di pochi elementi. Ma soprattutto perché la sua è una ricerca improntata sull’evidenziazione del vero attraverso uno sguardo fortemente critico sulla realtà e portata avanti con grande onestà intellettuale.
L’ultima scultura da lui realizzata dal titolo Symbolon nasce dalla sensibilità dell’artista per i problemi sociali che attanagliano i nostri tempi ed in particolare quelli riguardanti l’immigrazione. In un periodo in cui hanno ripreso a soffiare forte i venti della Xenofobia, Tropiano ripropone un sentimento opposto, quello della Filoxenia che per molti secoli ha caratterizzato la cultura del sud di origine greca (Magna Grecia). L’amore nei confronti dello straniero che si esprimeva attraverso l’ospitalità, valore allora considerato sacro, era una prassi per i greci, talmente importante da distinguere i giusti dagli iniqui. Il rito dell’accoglienza prevedeva uno scambio di simboli che avveniva mediante la divisone in due parti di una tavoletta di legno o di pietra. Il termine simbolo significa unione e di fatto la tavoletta poteva essere ricongiunta anche da un parente in caso di necessità a testimonianza della validità atemporale del patto di amicizia.
Dal punto di vista iconografico la scultura è formata da una lastra di ferro ricurva sulla quale è stata inserita una grande mano che impugna un simbolo. La grande mano è stata realizzata scolpendo con grande perizia per più di due mesi un enorme blocco di noce nero americano.
Si tratta di un’opera di grande efficacia comunicativa e di notevole impegno morale dove l’etica e l’estetica tendono a fondersi armoniosamente a dimostrazione del fatto che ancora oggi si possono realizzare delle opere d’arte contemporanea che parlino dei nostri tempi senza rinunciare alle tecniche passate che, come dimostrano le opere di Tropiano, sono ancora attualissime.
Alberto Dambruoso